Si è registrata parecchia confusione tra gli addetti ai lavori ed esperti di social media dopo che Facebook ha annunciato l’ennesimo aggiornamento del suo EdgeRank, l’algoritmo che regola la visibilità dei post nel newsfeed degli utenti. Si è diffusa l’ipotesi secondo cui la nuova versione penalizzerebbe i post pubblicati attraverso applicazioni di terze parti come Hootsuite, BufferApp e il nostro stesso PostPickr.
In realtà dell’argomento si dibatte già da qualche anno, ma partiamo dall’episodio recente per cercare di fare un po’ di chiarezza.
Cosa c’è scritto nell’annuncio
Riprendendo gli annunci fatti al recente F8, il 27 maggio Facebook posta un comunicato sul suo blog in cui chiarisce come cambierranno i criteri di visibilità dei post condivisi sulla piattaforma attraverso le app di terze parti:
This means people will see fewer implicit stories from third party apps in the future. However, people will continue to see interesting and relevant content from third party apps that their friends have explicitly chosen to share.
Le reazioni
Molti utenti nei gruppi di discussione sui social media ed alcuni influenti blogger hanno identificato in Hootsuite, BufferApp, etc. le famigerate “third party apps” oggetto della penalizzazione.
Scrive ad esempio Riccardo Scandellari nel suo blog:
e molti utenti danno eco alla notizia con commenti di questo tipo:
Come potete immaginare, ci siamo sentiti chiamati indirettamente in causa, ci tocca quindi prendere le difese dei nostri fratelli maggiori di Hootsuite :D
Explicitly shared stories vs. implicitly shared stories
Nel comunicato di Facebook si parla esclusivamente di contenuti condivisi automaticamente da app terze senza un’azione esplicita eseguita dall’utente. Ad esempio, quando sincronizziamo il nostro account Twitter con una pagina o un profilo personale di Facebook in modo che ogni tweet pubblicato venga automaticamente postato anche su Facebook. Altri esempi noti sono gli status update automatici prodotti da Spotify, Runtastic, e tutto l’universo delle games app. Nel comunicato non si fa riferimento alcuno a scheduled/published stories from third party apps, che sono la classica tipologia di contenuti prodotti attraverso i tool di social content publishing.
E infatti, poche ore dopo la pubblicazione del comunicato di Facebook, arriva il primo autorevole chiarimento sulla questione ad opera di Mari Smith (Forbes Top Social Media Power Influencer & Facebook Marketing Expert) sulla sua pagina Facebook:
A chiudere definitivamente la questione ci pensa InsideFacebook, ottenendo una dichiarazione ufficiale da un portavoce di Facebook:
Chiariamo a beneficio dei meno esperti, che la pubblicazione di contenuti su Facebook attraverso tool esterni (programmata o in real time) corrisponde ad un’azione esplicita e tecnicamente differisce pochissimo dalla pubblicazione diretta eseguita sulla piattaforma. In estrema sintesi, attraverso un token di sicurezza l’utente autorizza esplicitamente l’applicazione esterna a pubblicare per suo conto su Facebook. Quindi quando pubblichiamo o scheduliamo un post attraverso PostPickr o Hootsuite è come se lo stessimo facendo da Facebook.
I precedenti
Il dibattito sulla presunta penalizzazione dei tool di social content publishing ha origini nel 2011, in seguito alla pubblicazione di uno studio realizzato dai creatori di Edgerank Checker secondo il quale i post pubblicati tramite tool esterni ricevevano l’88% in meno di likes e commenti. La causa fu individuata nell’algoritmo all’epoca in vigore, che aggregava questo tipo di post in una singola Newsfeed story. Pochi mesi dopo però, Matt Trainer, manager del Facebook’s Preferred Developer Consultant Program, annunciò un upgrade dell’EdgeRank per garantire che i post prodotti da terze parti non venissero più penalizzati rispetto ai post diretti.
Nonostante la precisazione ufficiale, il dibattito continuò fino a quando AgoraPulse non decise di approcciarsi scientificamente alla questione eseguendo una serie di test il cui esito venne così riassunto:
Eppure non è raro imbattersi ancora oggi in discussioni tra addetti al settore in cui si da per scontato che la penalizzazione esista o sia sempre esistita. Un esempio calzante lo trovate in questa discussione nata (per altri motivi) nel gruppo di discussione Facebook Social Media Marketing. Qualcuno si spinge addirittura ad affermare (senza fornire fonti o documentazione a corredo) l’esistenza di un secondo Edgerank specifico per le app esterne:
La smentita arriva dall’altro nostro “fratellone” BufferApp, in questo esaustivo articolo sul funzionamento dell’algoritmo EdgeRank:
In realtà – e su questo tutti gli esperti di social media concordano – il primo fattore a determina la visibilità di un post è la qualità del suo contenuto (intesa come capacità di generare apprezzamenti e coinvolgimento) piuttosto che lo strumento o le modalità con cui viene pubblicato. Il che, a detta di alcuni, può riflettersi non solo sul ranking della pagina o del profilo, ma anche su quello dell’applicazione:
Questa argomentazione, seppur priva di riscontri ufficiali, ha una sua logica. Abbiamo quindi verificato come Facebook consente all’utente di marcare come “indesiderato” un determinato tipo di post. Da qualche tempo a questa parte, attraverso il newsfeed è possibile riconoscere solo i post pubblicati da app esterne su profili personali (prima era possibile anche con quelli pubblicati sulle Pagine). Questo è un classico post che rientra nella categoria incriminata delle implicitly shared stories:
dal quale si evince che l’utente può contrassegnare il post chiedendo a Facebook di nascondere il singolo post, il suo autore e anche l’applicazione con il quale è stato generato.
Questi sono invece alcuni post pubblicati attraverso Hootsuite e PostPickr:
Come possiamo notare, non sempre l’utente può marcare negativamente l’applicazione che ha generato il post. Sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo per mancanza di nostri test approfonditi) che solo alcuni tipi di contenuti abilitino questa possibilità (in questo caso, la condivisione di un video di YouTube). Ci riserviamo di approfondire meglio la questione e di aggiornarvi in caso di sviluppi, ma ci sentiamo di ipotizzare che l’utente preferisca nascondere in prima istanza il contenuto o il suo autore piuttosto che l’applicazione con il quale è stato veicolato.
L’uso di tool esterni per le pubblicazioni favorisce l’abbassamento della qualità dei contenuti?
Chiudiamo questa analisi con l’obiezione forse più sensata ed interessante di tutte. Quanto l’uso dell’automazione, forse la principale funzionalità offerta dalle app di content publishing, può pregiudicare la qualità dei contenuti pubblicati e quindi riflettersi negativamente sul ranking delle nostre Pagine? È colpa del tool o di come lo si usa?
Noi propendiamo decisamente per la seconda ipotesi: lo stesso strumento può produrre risultati molto diversi a seconda dell’abilità e della preparazione di chi lo utilizza. Come saggiamente scrive Davide Licordari:
Certo, molto dipende anche dallo strumento e dalle specifiche funzionalità che mette a disposizione. Qui a PostPickr stiamo lavorando duramente per portare l’applicazione nella direzione espressa dal nostro motto: “Your Social Media Assistant”. Ovvero uno strumento capace di coniugare l’efficacia di un contenuto personalizzato per ciascun canale social e l’efficienza derivante dall’automazione di task ripetitivi che altrimenti sottrarrebbero tempo prezioso da dedicare alla creatività, all’ascolto, alla misurazione. La strada è lunga – d’altronde abbiamo appena 3 mesi di vita – ma la volontà c’è tutta: se vi va di aiutarci in questa impresa richiedete un invito alla Private Beta, i vostri feedback saranno il “carburante” necessario per completare il viaggio :)
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Sebbene Facebook ci abbia abituato a scelte assurde nel tempo, avrei trovato la penalizzazione di post pubblicati esplicitamente con app di terze parti decisamente autolesionista.
Molti community manager che gestiscono grandi brand (o più d’uno) fanno uso di programmi di social media management in modo assiduo.
I grandi brand investono molto e Facebook sa bene quanto sia importante un tool di terze parti per gestire un canale social dietro cui ci sono diversi livelli di moderazione e autorizzazione a pubblicare.
Trovo quindi sensato che non limitino pesantamente pubblicazioni da strumenti di questo tipo, per loro che l’utente “pro” usi direttamente l’interfaccia Facebook non è poi questo gran valore aggiunto.
Un bel sospiro di sollievo quindi. Grazie per il chiarimento così puntuale :)