In questo articolo si parla di…
- Il patron di X (ex Twitter) ha dichiarato gli hashtag “inutili e brutti”, segnando un potenziale cambio di rotta per la piattaforma che per anni ha fatto di questo strumento un elemento distintivo.
- Nati dal basso e diventati centrali per organizzare conversazioni e trend online, gli hashtag sembrano vivere una fase di declino, spinti da cambiamenti algoritmici e nuove tendenze social come TikTok.
- La possibile scomparsa degli hashtag da X non è solo un dettaglio tecnico, ma indica la fine di un certo modo di intendere i social media. Richiede un ripensamento delle strategie di comunicazione online, puntando su nuovi approcci per emergere e coinvolgere il pubblico.
Da simbolo virale a funzione quasi obsoleta: le parole di Musk accendono il dibattito. Tra nostalgici e innovatori, il destino del cancelletto è sempre più incerto
I social media sono in continua evoluzione. Ciò che oggi è di tendenza, domani potrebbe essere già obsoleto. E in questo vortice di cambiamenti, a volte basta una dichiarazione per scatenare un terremoto. L’ultima, in ordine di tempo, è quella di Elon Musk, il vulcanico proprietario di X, l’ex Twitter che, il 17 dicembre 2024, ha letteralmente demolito il concetto di hashtag, definendoli “inutili e brutti”.
Se sei un frequentatore abituale dei social, questa affermazione ti avrà sicuramente fatto sobbalzare sulla sedia. Gli hashtag, per anni, sono stati il pane quotidiano di Twitter, e non solo.
Hanno rappresentato un modo semplice e immediato per organizzare conversazioni, aggregare contenuti, lanciare trend e, diciamocelo, anche per farci due risate. Ma, a quanto pare, per Musk tutto questo è acqua passata. Il futuro di X, secondo il suo proprietario, sembra non prevedere più spazio per il caro vecchio cancelletto.
Ma cosa significa davvero questa presa di posizione? È solo una boutade del magnate sudafricano o c’è qualcosa di più profondo? E soprattutto, dobbiamo davvero dire addio agli hashtag?
Preparati, perché in questo articolo andremo a fondo della questione, ripercorrendo la storia di questo simbolo che ha segnato un’epoca e cercando di capire cosa ci riserva il futuro dei social media.
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Hashtag, da “cosa da nerd” a fenomeno globale
Per capire la portata delle parole di Musk, è fondamentale fare un passo indietro e ripercorrere la genesi degli hashtag. Forse non lo sai, ma l’hashtag non è nato per volontà di qualche guru del marketing o di qualche stratega della comunicazione. No, l’hashtag è una creazione spontanea, dal basso, come spesso accade per le migliori innovazioni del web.
Siamo nel 2007, l’era dei telefoni fissi e delle connessioni dial-up sta per lasciare il posto alla rivoluzione degli smartphone. Un blogger di nome Chris Messina ha un’intuizione geniale: perché non usare il simbolo del cancelletto, “#”, per raggruppare le conversazioni su Twitter?
All’epoca, Twitter era un neonato social network, un flusso caotico di messaggi brevi e sconnessi. Messina, con una semplicità disarmante, propose di utilizzare l’hashtag come una sorta di etichetta virtuale, un modo per dare ordine al caos e permettere agli utenti di trovare facilmente i contenuti di loro interesse.
La reazione di Twitter? Inizialmente freddezza e scetticismo. “Sono cose da nerd, non prenderanno mai piede”, dissero i vertici del social, dimostrando una miopia che, col senno di poi, fa sorridere.
Eppure, Messina non si diede per vinto e continuò a promuovere la sua idea tra gli utenti. E indovina un po’? Gli utenti capirono subito il potenziale dell’hashtag. Iniziarono a usarlo spontaneamente, creando gruppi di discussione tematici, seguendo eventi in diretta, condividendo opinioni e pensieri.
In poco tempo, l’hashtag divenne virale, conquistando Twitter e poi, a cascata, tutti gli altri social network. Quella “cosa da nerd” si trasformò in un fenomeno di massa, un linguaggio universale, un codice condiviso da milioni di persone in tutto il mondo.
L’età dell’oro degli hashtag: attivismo, marketing e meme
Gli anni successivi furono l’età dell’oro degli hashtag. Il cancelletto magico divenne uno strumento potentissimo, capace di influenzare l’opinione pubblica, lanciare movimenti sociali, promuovere prodotti e servizi, e persino cambiare la politica.
Ricordi l’#IceBucketChallenge? Milioni di persone in tutto il mondo si sono versate secchiate d’acqua gelata addosso per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla SLA. E #BlackLivesMatter? Un hashtag diventato simbolo di una lotta globale contro il razzismo e la discriminazione. E che dire di #MeToo? Un movimento che ha dato voce a milioni di donne vittime di molestie e abusi.
Ma gli hashtag non sono stati solo strumento di attivismo e impegno sociale. Sono stati anche parte integrante del marketing, assumendo un ruolo rilevante nelle strategie di comunicazione di brand e aziende. Hai presente quei manifesti pubblicitari pieni di hashtag e icone social? Ecco, quella è l’eredità di un’epoca in cui l’hashtag era sinonimo di engagement e viralità.
E poi, ovviamente, ci sono i meme. Chi non ha mai riso di un hashtag ironico, di un commento sarcastico, di una battuta fulminante? Gli hashtag hanno dato vita a un nuovo tipo di umorismo online, fatto di citazioni, parodie, giochi di parole e autoironia.
In quegli anni, l’hashtag era ovunque. Potevi trovarlo sotto un post indignato per l’ultima dichiarazione politica, sotto la recensione entusiasta di un film, sotto la foto di un piatto prelibato o sotto un meme esilarante. Era il simbolo di una generazione connessa, di un mondo in cui le informazioni viaggiavano alla velocità della luce e in cui tutti potevano dire la loro, nel bene e nel male.
Il tramonto del cancelletto: colpa di Musk o del tempo che passa?
Ma come tutte le mode, anche l’epoca d’oro degli hashtag sembra essere al tramonto. Già da tempo si parla di un declino del loro utilizzo e della loro efficacia.
I social network hanno iniziato a ridimensionarne l’importanza negli algoritmi, privilegiando altri fattori per la diffusione dei contenuti. E poi è arrivato Elon Musk, con la sua sentenza tranchant: “Gli hashtag sono inutili e brutti”.
Ora, è facile liquidare le parole di Musk come l’ennesima provocazione del personaggio. Ma forse, in fondo, c’è un fondo di verità nelle sue affermazioni. Il sistema, forse, non ha più bisogno degli hashtag. O meglio, il sistema è cambiato, si è evoluto, e con esso sono cambiate le esigenze degli utenti e le dinamiche dei social media.
TikTok, ad esempio, il social network del momento, ha un rapporto molto diverso con gli hashtag rispetto a Twitter. Su TikTok, gli hashtag sono meno centrali, meno utilizzati, meno “sentiti” dagli utenti.
Forse, semplicemente, il tempo degli hashtag è finito. Forse i diciottenni di oggi, nativi digitali cresciuti a pane e TikTok, vedono l’hashtag come un reperto archeologico, un simbolo “cringe” da millennial nostalgici. Forse, dopo quasi vent’anni di onorato servizio, l’hashtag ha fatto il suo tempo.
Cosa perdiamo con la fine degli hashtag (e cosa no)
Ma cosa perdiamo davvero con la fine degli hashtag? Dobbiamo versare lacrime amare per la scomparsa del cancelletto? Forse no, o forse sì, dipende dai punti di vista.
Di sicuro, perdiamo uno strumento di organizzazione e aggregazione delle conversazioni. Gli hashtag ci permettevano di seguire facilmente eventi in diretta, trovare contenuti su argomenti specifici, unirci a community di interesse. In questo senso, la loro scomparsa potrebbe rendere la navigazione sui social media un po’ più caotica e dispersiva.
Perdiamo anche un simbolo culturale. L’hashtag era diventato parte integrante del nostro linguaggio online, un segno distintivo di un’intera generazione.
Ma non perdiamo tutto. I social media continuano a evolversi, a offrire nuove forme di interazione e di comunicazione. Forse gli hashtag saranno sostituiti da altri strumenti, da altre modalità di aggregazione e di scoperta dei contenuti. Forse, semplicemente, le conversazioni online prenderanno altre forme.
E poi, diciamocelo, forse un po’ di “pulizia” non fa male. Negli ultimi anni, gli hashtag sono stati spesso abusati, inflazionati, utilizzati a sproposito. Hashtag chilometrici, hashtag generici, hashtag spam, hashtag usati solo per aumentare la visibilità dei post. Forse un po’ di sana “potatura” può fare bene all’ecosistema dei social media.
Leggi anche: Quando postare su X (ex Twitter) per ottenere maggiore visibilità
Forse diremo addio agli hashtag, ma non alla strategia social!
Che tu sia d’accordo o meno con Elon Musk, una cosa è certa: i social media sono in continua trasformazione.
Ecco perché, anche se gli hashtag dovessero davvero sparire dalla circolazione (cosa che, diciamocelo, sembra improbabile nel breve termine), la strategia social resta fondamentale. Anzi, diventa ancora più importante. Perché in un mondo senza hashtag, o con hashtag depotenziati, dovrai essere ancora più bravo a creare contenuti di qualità, a intercettare il tuo pubblico, a costruire relazioni significative.
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Cosa ha detto Elon Musk sugli hashtag “inutili”: Domande & Risposte
Cosa ha detto Elon Musk sugli hashtag?
Elon Musk ha dichiarato che gli hashtag sono “inutili e brutti”, mettendo in discussione il loro ruolo su X (ex Twitter) e lasciando intendere che potrebbero perdere importanza sulla piattaforma.
Perché gli hashtag stanno perdendo rilevanza?
Gli hashtag stanno perdendo rilevanza a causa di cambiamenti negli algoritmi dei social media e dell’evoluzione delle abitudini degli utenti. Piattaforme come TikTok favoriscono contenuti suggeriti dall’intelligenza artificiale piuttosto che basati su hashtag.
Gli hashtag scompariranno dai social media?
Non è detto che gli hashtag scompaiano del tutto, ma è probabile che il loro utilizzo venga ridimensionato e che emergano nuovi strumenti per organizzare e promuovere contenuti online.